Giorgetti, il tedesco. Guarda a Merz, che "può aiutarci", impensierito da Trump che "ci spacchetta" e "fa casino"
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Il racconto
Preoccupato dall'eccessivo schiacciamento dell'Italia su Trump, il ministro dell'Economia tifa per avere relazioni speciali con Germania e Inghilterra. Scontro con Palazzo Chigi sul caro bollette
Anche Giorgetti, come Meloni, “voleva morì”. Voleva morì, ieri sera, quando Palazzo Chigi ha dato “dell’insoddisfacente” alla bozza sua e del ministro Pichetto Fratin, sul caro energia. Voleva morì, dopo essere tornato, l’ultima volta, da Bruxelles, e confidato: “Corriamo dietro Trump che spacchetta l’Europa, che fa casino, con i dazi, ma ci stiamo dimenticando dell’Europa e della Germania. Come si fa a non capirlo? Attenti a schiacchiarsi su Trump. Il nuovo governo di Merz ci può aiutare”. Giorgetti non vole’ morì trumpiano.
La straordinaria Meloni, quella del fuorionda, la premier che, alla fine del discorso ai conservatori americani, esplode, alla romana, “volevo morì”, dovrebbe rianimare, e lo ha già fatto ieri con una chiamata a Merz, l’amicizia Roma-Berlino, dovrebbe ricordare che l’Italia già vola con la Germania, con le compagnie aeree Ita-Lufhtansa. Meloni, che non vole morì di debito, deve ora tenere conto di questo nuovo attore, del cancelliere Merz, del ruolo che avrà la Germania in Europa e, ancora, tenere conto che le regole economiche le faranno i falchi tedeschi, anche se malconci, più pulcini spennati che falchi, che lo spread resta sempre il differenziale tra i Btp italiani e i titoli tedeschi.
Il suo ministro dell’Economia, Giorgetti, che si presenta in Europa con un primato, il più longevo dei ministri economici, quando rientra in Italia, dai suoi regolari incontri all’Ecofin, dice che la Germania, e non aveva ancora vinto Friedrich Merz, “si oppone a tutto”. Dice Giorgetti che l’ultima volta che si è parlato di Difesa, di scorporare le spese militare dal debito, la proposta di von der Leyen, il ministro uscente tedesco, anche lui, voleva morì. Ha detto “no”, ha detto che il metodo era tutto da studiare. Sulla necessità di scorporare, il tedesco non era contrario, ma quando si è parlato di come fare, la Germania ha proposto che ogni paese della Ue chiedesse singolarmente la deroga. Si dirà: e che cambia? Cambia. Cambia, perché un metodo comune significa rapporti meno squilibrati tra i paesi dell’Unione. Cambia, perché il paese che chiede è sempre il paese che ha bisogno.
La Germania avrà un nuovo ministro dell’Economia, e i nomi in corsa sono due, Jeans Spahn, ex ministro della Salute, di Merkel, mentre l’altro è il socialista Lars Klingbeil. C’è da morì? Per Giorgetti c’è da sperare. C’è da sperare che Meloni riesca ad avere lo stesso rapporto che ha avuto finora con Trump perché, pensa Giorgetti, “altrimenti si rischia di legarsi troppo a Trump e finire scoperti in Europa”. C’è da temere? Per Giorgetti sì, c’è da temere, se quel rapporto dovesse stringerlo la Francia prima dell’Italia. Merz è sulla carta un falco, è l’allievo dell’ex ministro di Schäuble, lo scomparso e grande amico di Giulio Tremonti, ma anche la Germania ha bisogno di allentare le regole e per Giorgetti “questo ci può facilitare”. Il Cdm previsto oggi sul caro energia è saltato perché per Meloni le misure di Mef e Mase non erano “sufficienti”. L’aiuto promesso alle famiglie, quando arriverà, sarà finanziato o trovando risorse nelle maglie del bilancio o ricorrendo, ancora, ad altro debito. Si può fare tutto, ma per fare debito serve un governo solido e per avere un governo solido serve, ritiene Giorgetti, oltre ad avere Meloni alla guida, avere anche buoni amici. Per Meloni, il buon amico è Trump, ma, per Giorgetti, Merz sarà il cancelliere con cui bisognerà sedersi a tavola, a Bruxelles. In Veneto, i leghisti dicono già: “L’Europa ha trovato finalmente un Trump che non è un Trump”. Luca Zaia non ha mai fatto mistero che l’idea dei partiti gemelli Cdu/Csu è sempre stata una vecchia idea coltivata dalla Lega e c’è già chi si è mosso, come la regione Lombardia, per agganciare la Germania. Il primo a capire che il futuro dell’Europa, e delle imprese italiane, passa dai rapporti con i tedeschi è stato l’assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lombardia, Guido Guidesi, un allievo di Giorgetti, che il mese scorso è stato eletto presidente dell’Alleanza delle Regioni Europee dell’Automotive. Sono le regioni tedesche e italiane, le più colpite dalla crisi dell’auto. Un altro che è stato eletto, la settimana scorsa, vicepresidente del Comitato europeo delle Regioni, è Matteo Bianchi, sempre allievo di Giorgetti. Fino a oggi l’Italia ha tratto vantaggio dell’instabilità franco-tedesca, ma ci sono piccole imprese italiane, come nella Varese del ministro, che esportano esclusivamente con la Germania, imprese che hanno bisogno delle loro commesse. Al Mef sono convinti che se migliora la Germania, migliora il nostro export, ma Meloni, dice Stefano Patuanelli, senatore del M5s, ex ministro dell’Agricoltura con Draghi, “sta scegliendo l’altra parte, non si sta accorgendo che abbiamo bisogno dell’Europa”. Per Giorgetti ci servirebbe ritrovare un rapporto “speciale” anche con l’Inghilterra di Starmer, fare insomma come ha già fatto Meloni, fare la trumpiana e poi dire (magari a Merz) “ma lo sai che volevo morì”? Al momento i fondi americani credono nel governo Meloni e lo spread è rimasto stabile. Tutto vero. Ma Meloni non farebbe male ascoltare Paolo Conte, e Giorgetti, per evitare, come nella canzone Mocambo di rispondere a Merz: “Io parlo male il tedesco, scusami, pardon”.
Carmelo Caruso
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